
Alle 21.25 del 21 settembre 1987 veniva dichiarato ufficialmente morto Jaco Pastorius, l'uomo che aveva avuto il coraggio di autoproclamarsi "il più grande bassista del mondo" (a ragion veduta, tra l'altro). La notizia si sparse in tutto il mondo durante la notte tra il 21 ed il 22 settembre. Jaco Pastorius, ucciso dai suoi errori ma soprattutto da una società (e da un mondo, il nostro) capace di incensarti quando sei all'apice, ma contemporaneamente di abbandonarti quando non sei nessuno e sei sofferente, quando hai bisogno di aiuto, uccidendoti con l'arma più subdola, l'indifferenza. Jaco da anni, prima di morire, costituiva un problema ed un impaccio per chi non sapeva affrontare la sua "malattia": fu così che la società (salvo alcuni suoi veri amici) scelse di voltarsi dall'altra parte e dimenticarlo, abbandonandolo al suo destino.
Ma lui era speciale. Mi piacerebbe ricordarlo con le parole del fratello, Gregory Pastorius. Egli una volta disse: "Jaco non se la prendeva mai calma. Era sempre sull'orlo della maniacalità, spingeva il divertimento ad un limite estremo. Mi portava in spiaggia durante gli uragani più violenti, perchè diceva che bisognava sentirne l'energia. Era una reazione assolutamente naturale all'ambiente che lo circondava. Moltissime cose gl riuscivano spontaneamente - la musica, lo sport, la scuola -, ma soprattutto la musica sgorgava naturalmente da lui. Ecco perchè ci si è dedicato. Diceva di sentire musica dappertutto: nel pianto di un bambino, in una macchina che passava, nel vento tra le palme. Tutt'a un tratto diceva: "Shhh!" e ascoltava. Io non riuscivo a sentire nulla."
Parafrasando il più grande bassista del mondo, mi andrebbe di salutarlo così: "Who Loves Ya, Babe!"